Sabato 28 Dicembre 2024 - Anno XXII

Cronache agostane 5: a Predappio Alta sulle colline romagnole

Predappio Alta vigneti-Nicolucci

Continuano le scampagnate agostane in terra romagnola. In un limpido e chiaro mattino da Ro Ferrarese si va a scollinare tra le vigne e gli ulivi di Riggiano a Ca’ Cassiere dei Dolcini nella nobile Predappio Alta

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Predappio Alta

“E’ bello svegliarsi in un limpido e chiaro mattino” (Cechov, “Zio Vanja”). E infatti ecco la (leopardiana, se ben ricordo) quiete dopo la tempesta (aria tersa e luce bellissima) dopo quello sfaccimme meteo che la notte scorsa avrà fatto esclamare a tanti villeggianti (un classico, a metà agosto)  “L’estate è finita”. Quel che invece non è finito (anzi, siamo solo all’inizio) è il programma di gite, escursioni, visite nonché pappate (no limits, di tagliatelle/tajadèl si può financo giungere a 3 piatti, 3 ça va sans dire consecutivi, idem quanto a spaghetti, tipo quelli con le vongole, ieri da Paolo). E oggi, grande giorno, si va “on tour” fin sulle dolcissime colline romagnole, a Predappio Alta, che, oltre a potersi proclamare luogo natale (nella frazione “bassa”, Dovia) del cav. Benito Mussolini, può pure vantare il privilegio di annoverare tra i suoi residenti i fantastici coniugi Dolcini. Che, però, noblesse oblige (non si è nobili soltanto per nascita, lo si diventa anche mediate cervello e olio di gomito…), non risiedono nel citato, mussoliniano, paese inferiore, bensì nella più nobile e storica Predappio Alta.

Predappio Alta l’“Upper Town”

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Rocca delle Camminate

Un gran bel borgo medioevale, l’“Upper Town”, nonché (definizione forse azzardata, ma, chi scrive, appetto a un mezzolitro di quello giusto a volte va sopra le righe….) Genius Loci di quel di-vino (bella, eh…) Sanzvès/Sangiovese che riesce sempre a dissetarmi soavemente per di più scaldandomi il core. La Lina & il Vanni (Dolcini), due miti del Turismo Romagnolo, quindi del massimo dell’eccellenza nel Belpaese, perché nella Romagna – Emilia (laddove, come ben noto, “Buon Giorno” vuole ancora dire “Buon Giorno”), le umane vicende, in primis “quelle turistiche”, funzionano. La Romagna – Emilia mica quei romani là che “ce avemo qui ce avemo là” solo che un giorno “non ce hanno” l’acqua, un giorno “non ce hanno i trasporti pubblici” etc etc … (ma se è per questo, tram, bus, e sedicente metrò, nella  Capitale, mica mancano  solo l’èspace d’une nuit, bensì, in pratica, latitano da sempre). Ma tiremm innanz (giusta la solita retorica risorgimentale, dicono che lo richiese l’Amatore Sciesa a quei balossi degli Austriaci che lo stavano portando in gattabuia) fin quando si arriva – tra dolce paesaggio collinare a un tiro di schioppo da Forlì – alla dolciniana Casa de Campo (e uso termini spagnoli perché tra veranda, cucina e rustiche camere da letto, mi vengono alla mente belle giornate nella Castilla y Leòn, beninteso tra ganaderias de toros e dissetanti Bodegas).

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Predappio Alta al profumo di tajadèl

Predappio Alta centro

Per farla breve, e venendo al sodo,  il tempo di abbracciarci e di aprire (ça va sans dire) qualche boccia di Sanzvès, ed ecco apparire un paio di belle (nel senso di immense) cofane di tajadèl (beninteso al ragù, gente seria, i rumagnòl, in cucina più tradizionalisti dei Carlisti della Navarra: mica stan lì a perpetrare stupidine “rivisitazioni gastronomiche” come si attentano a fare alcune sciurette milanesi di mia conoscenza). E fu così che la Furzèina (forchetta) manovrata da Xavier, mio diletto nipote, cominciò una serie di avvitamenti (e successivo ingresso nel cavo orale) da fare invidia a un campione olimpico di tuffo carpiato (che sbafata, il burdèl). Ma se si parla di megappetiti mica ha scherzato nemmeno l’editorpadrone – quindi mio Lìder Maximo – del baldo mondointasca.org tanto da farmi pensare perché mai non arricchisca l’ispirato magazine on line mediante una rubrica sbafereccia (ormai tutti bofonchiano di Cucina, persino quegli Chef che se la tirano eppoi in tivù “fanno l’areclàm” del peggio del gastroconsumismo, patatine fritte industriali, cibi precotti e pure precongelati etc etc etc…). Mah.

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La Famiglia Dolcini e l’allegra brigata

Insomma, per dirla col poeta, a casa Dolcini, a Predappio Alta, proprio una bella sbafata, roba che non poteva non sovvenirmi quella vecchia battuta di un bolognese sull’appetito dell’amico: “Invitarti a ‘claziòn’? Meglio farti un vestito…”.
Salutati la Lina, il Vanni, l’editorpadrone, la di Lui sciura e la legione piemontopugliese di sorelle e affini della Lina, riparto per Ro (sempre quello Ferrarese) con un satollo Xavier. Che, nonostante lo stomaco arcipieno, impara che “A Faenza il Lamone bagna la gente più ignorante di Romagna” (così dicevasi perché la locale nobiltà, rarissima eccezione nelle Romagne, era papalina) e viene anche informato che la città ha dato il nome alla ceramica nella gallica lingua francese (Fayence). E alla lettura dell’insegna stradale per Lugo, sempre il Xavier apprende che il nome risale al latino Lucus (che, se non sbaglio, si dovrebbe riferire a un Bosco Sacro dell’antichità e forse forse ci sarebbe anche da scomodare financo i sacerdoti Druidi).

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