Da quando, negli anni ottanta, l’eccentrico Andy Warhol commissionò al giovane LaChapelle la realizzazione di un servizio fotografico per la rivista Interview Magazine, il promettente David si vide catapultato nell’olimpo dei migliori fotografi internazionali. Le sue opere sono apprezzate in tutto il mondo e non solo negli Stati Uniti, terra natia e nella quale completò la sua formazione artistica, proprio per il suo stile riconoscibile attraverso scatti dalla vistosa policromia, per le scene oniriche, a volte dissacranti o semplicemente definite “barocche”, eccessive.
Alla Casa dei Tre Oci nell’isola della Giudecca, Venezia, fino al 10 settembre è ospitata la mostra dal titolo Lost&Found nella quale sono esposte circa cento opere dell’artista-fotografo, l’ex enfant terrible della fotografia. Il percorso espositivo ripercorre la carriera di LaChapelle, dagli esordi negli anni novanta, in seguito all’incontro con Warhol, fino ai lavori inediti realizzati in tempi più recenti.
Le opere di LaChapelle in bilico tra mondo onirico e realtà
Nulla è lasciato al caso. LaChapelle partorisce l’idea, la plasma, la perfeziona, la elabora fino a costruire un set fotografico calcolato nei minimi dettagli, dalla luce all’impianto scenico che deve stupire, comunicare, lanciare un messaggio interpretativo in bilico tra aspetto onirico e mondo reale. I suoi scatti, volutamente esagerati e pop, catturano la realtà poliedrica dell’universo della moda, dello star system esibendo scultorei corpi di giovani modelli e modelle, offerti al pubblico in pose surreali e disinibite, con tono provocatorio verso l’aspetto più “kitsch” del mondo contemporaneo. L’esposizione inizia con i primi lavori realizzati negli anni novanta per il magazine Interview, periodo artistitco nel quale LaChapelle fotografava i VIP americani presi in prestito dal mondo della celluloide, della musica ed anche della politica, come nel caso di Hillary Clinton.
Il percorso espositivo prosegue con le scene che ricordano il Giudizio Universale nella Cappella Sistina, opera del grande Michelangelo, da cui l’artista, positivamente influenzato, ha re-interpretato in chiave moderna, la società dei consumi ostentando corpi nudi nell’opera denominata The Deluge.
Il legame tra ciò che muore e ciò che rinasce
Come in una sorta di continuum legato alla tematica esistenziale, l’esposizione continua con After the Deluge e Awakened, opere nelle quali si intravvede il profondo legame tra ciò che muore e ciò che rinasce a nuova vita, come nel caso degli individui ritratti in uno stato embrionale all’interno di un involucro sommerso dall’acqua.
A completare la mostra gli scatti appartenenti al ciclo Gas Station and Land Scape dove sono raffigurati modelli in scala di impianti petroliferi costruiti impiegando materiale riciclato: cartoni delle uova,bigodini,can nucce, schede dei personal computer e per finire l’anteprima mondiale di New World, ovvero le sue ultime diciotto fotografie che affrontano temi tanto cari all’eclettico artista: il paradiso,la natura, la gioia e soprattutto l’anima, senza la quale nessun artista potrebbe produrre opere uniche ed irripetibili. Negli ultimi anni, i suoi lavori sono stati presentati in numerose esposizioni personali in tutto il mondo. Le sue opere sono presenti in molte istituzioni d’arte, fra cui il Los Angeles Country Museum of Art,la National Portrait Gallery di Londra e la National Portrait Gallery di Washington DC.
L’esposizione alla Giudecca è curata da Reindewr Opoku e Denis Curti, organizzata da Fondazione di Venezia e Civita Tre Venezie.
Informazioni: www.treoci.org