Sao Tomè e Principe fanno parte di un arcipelago di 20 isole nell’oceano Atlantico al largo dell’Africa. Sul nostro pianeta esistono isole che, nonostante le modeste dimensioni, grazie alla complicità di varie e diverse vicende sono ricordate dalla storia oltre che (come ovvio) dalla geografia.
E’ il caso della Cayenna, andirivieni di forzati, o dell’isola di Pasqua, con tutti quegli enormi faccioni di pietra, o, in primis, della celeberrima Sant’Elena. Un minuscolo puntino dell’Atlantico meridionale che non sarebbe mai passato alla storia se un cinico politico britannico non avesse deciso che quella sperduta, non meno che piccola isola, doveva costituire l’ultimo domicilio dell’empereur Napoleone (che per certo venne al mondo con una sorta di “ascendente isole”, se oltre alla citata isola atlantica pensiamo all’Elba, altro esilio, e alla natia Corsica…). E non molto lontano (si fa per dire, trattandosi di distanze, come si diceva ai tempi del duce, ‘oceaniche’…) da Sant’Elena stanno balzando alla ribalta della notorietà (sperandosi da parte loro, economicamente e turisticamente parlando, che, come diceva Andy Warhol, non duri solo un quarto d’ora) due isole che la storia ha lasciato a lungo nel dimenticatoio: Sao Tomè e Principe.
Una storia legata al Portogallo
Si tratta di due piccole isole incastonate nel golfo di Guinea – quella zona dell’Atlantico che, più o meno all’altezza dell’equatore si insinua nel continente africano – Sao Tomè e Principe, diventate una repubblica indipendente dal 1975, che nel loro piccolo possono vantare un po’ di storia.
Una storia, direi, di una certa importanza però riflessa, datosi che da più di 5 secoli si abbina a quella, gloriosa, del Portogallo e delle sue magnifiche imprese marittime (Sao Tomè fu avvistata da un navigatore lusitano una ventina d’anni prima della scoperta dell’America). Ma si tratta pur sempre (fatta eccezione per l’importanza scientifica della conferma delle einsteiniana Teoria della Relatività ottenuta nel 1919 grazie a una eclissi di sole osservata a Principe) di non gloriose, ancorché utilissime, tappe nella storia dell’alimentazione umana. Si parla, infatti, di nutrimento, mangiare. Perché nei secoli Sao Tomè e Principe fornirono, nell’ordine, canna da zucchero, caffè, cacao (portato dal Brasile nel 1822, dapprima a Principe poi a Sao Tomè), spezie à gogò, raccolte eppoi vendute a caro prezzo da quei marpioni. Non solo delle scoperte marittime, ma pure del business, che furono i portoghesi (di casa, fino a pochi decenni fa, a Macao, Timor e nei loro tanti possedimenti e ‘centri commerciali’ sulle coste dell’India).
Sao Tomè e Principe scarso interesse strategico
Quei prodotti della terra venduti dai portoghesi ma, ahiloro, raccolti e lavorati dalle popolazioni nere (schiavitù abolita nel 1871) di Angola, Cabo Verde e Mozambico, Gabon, i principali gruppi etnici attualmente insediati in differenti zone delle due isole.
Una storia piuttosto tranquilla, quella di Sao Tomè e Principe, dovuta soprattutto a una non importante (quindi non strategica) posizione nel globo nonché alla non enorme superficie (complessivamente 1001 kmq, 850 a Sao Tomè, il resto a Principe) e a una altrettanto poco numerosa popolazione,190.000 abitanti, in enorme maggioranza sulla più vasta Sao Tomè (la cui capitale, appunto Sao Tomè, godette financo del servizio di una linea di tram), solo 6.000 a Principe. La popolazione di un paese (con la P minuscola) eppure, nonostante tanto striminzita presenza sembra che, ottenuta l’indipendenza dal Portogallo, Principe volesse a sua volta chiederla a Sao Tomè (no comment, se non aggiungere che l’isola minore gode oggidì di larga autonomia).
In attesa del petrolio
Alcune decine di migliaia di abitanti che attualmente, si parla di soldi, e in attesa del petrolio scoperto nel marre circostante non se la spassano (la valuta locale, il dobra, sconosciuto al turista e ai ricchi locali, laddove si parla solo di euro, vale meno dell’inflazionatissimo marco tedesco del primo dopoguerra mondiale). Ma fortunatamente la fame non esiste grazie alla generosità della terra, a una vegetazione (dicevasi antan) lussureggiante. Siamo a due passi dall’equatore (che attraversa un isolotto poco a sud di Sao Tomè, avrei voluto farvi un salto per vedere, e cavalcare, come nelle vicinanze dell’ecuadoriana Quito, quella linea che contrassegna nord e sud del mondo, peccato,) e, se affamato, accade sovente che un pover crist allunghi una mano per acchiappare un frutto spontaneo della terra e immagazzinare quelle poche calorie richieste in un clima che non si sa se più caldo o più umido (non siamo nel Sahel, per intenderci …). Sao Tomè e Principe, pertanto, sonnecchiarono fino al 1975, anno horribilis per il Portogallo, che in poco di tempo vide sparire tutti quei possedimenti coloniali che altri Paesi europei avevano già ceduto meno drammaticamente (mentre l’immediato abbandono, e il contestuale arrivo dei profughi nel non vasto Paese europeo, generò vicende umane non indifferenti).
E fu così (o per meglio dire, volando Tap e organizzato dal Filippo Rossi lìder maximo de “Il Viaggio”) che sono arrivato ‘anche’ (ma non disse Cervantes “Meglio il cammino che le soste”?) a Sao Tomè e Principe.