Mi chiama l’Editorpadrone Pietro e mi fa: “C’è un invito ad andare a visitare Israele”. “E io ci vado”, gli rispondo immantinente. Dopodiché, essendo già stato un paio di volte da quelle parti, aggiungo “e ti dirò di più: vi torno molto volentieri”.
Eccomi dunque arruolato in un viaggio stampa proposto dalla Mariagrazia Falcone, che a Milano cura i contatti del sullodato ufficio con gli scrivani di viaggi & vacanze.
Come accennato, ero già stato nella Terra Promessa, nel senso di fatta sperare, per non dire assicurata, garantita, agli ebrei, in due momenti assai lontani nella storia. La prima volta si riferisce a tempi talmente lontani da confondersi con la leggenda e miti religiosi e storici (profeti a parte, siamo ad esempio biblicamente ben certi, che Salomone è realmente esistito?).
Circa due millenni per vedere riconosciuto un “focolare”
Molto più vicini (primo ventennio del secolo scorso) sono invece l’accordo Sykes–Picot e la dichiarazione Balfour. Vicende diplomatiche anglo-francesi che dopo poco meno di due millenni riconoscevano un “focolare” al popolo ebraico. Gente, le tribù di Israele, dispersa da quei soldatacci dei romani perché un filino troppo polemica. Ma anche e soprattutto, per quella loro religione così pervicacemente monoteista a fronte dell’affollato olimpo degli dei a quei tempi adorati nella Città cosiddetta Eterna. (Breve inciso d’attualità: rimasta oggidì a Roma una sola divinità, Totti Er Pupone, guardate un po’ che dramma si sta sviluppando a proposito del suo futuro. A dimostrazione che tutto il mondo è paese e non solo gli ebrei sono maledettamente polemici …).
Il mio primo soggiorno in un kibbutz
Sono fortunatamente più vicini nel tempo (ormai matusa, sì, ma con juicio…) i miei rapporti con Israele, nel senso dei due già citati viaggi.
Il primo viaggio risale ai primi anni di vita dello Stato Ebraico. Forse era l’anno in cui girarono Exodus, 1960. Non solo buon film ma anche ottima e veritiera narrazione storica degli avvenimenti che precedettero l’indipendenza di Israele, 1948. Durante un breve soggiorno in un kibbutz mi affascinarono, e restano tuttora indelebili, i sacrifici affrontati dai Sabra. Quegli ebrei doc immigrati o nati nella regione detta dai cristiani Terrasanta.
Ricordo, ad esempio, la precedenza data all’uso dell’acqua: prima per rinfrescare le tettoie degli allevamenti di polli, poi per le necessità domestiche. E ricordo pure che gli entusiasmi per la raggiunta indipendenza resero gli israeliani tanto canterini da farmi ascoltare almeno un decina di volte al giorno due canzoni che mi restarono ben appiccicate nelle orecchie: “Hava Nagila” e “Hevenu Shalom Aleichem”.
La scomparsa del ‘tembel’ copricapo verde oliva
Motivi che, alla partenza di questa mia terza gita in Israele che mi accingo a narrare pensavo di ascoltare nuovamente, ancorché, essendo trascorso tanto tempo, non in dosi massicce. E invece, peraltro avvertito all’arrivo da Uri Bar-El, nostra brava guida, dei due citati motivi manco l’ombra. Anzi, nemmeno una audizione che fosse una, nonostante la quasi settimana trascorsa in Israele e la costante presenza in posti e locali pubblici.
E parimenti è scomparso nei lustri l’uso di quel pionieristico copricapo (il ‘tembel’) verde oliva, a calotta, che fu simbolo della gioventù che un po’ studiava e un po’ faceva il militare. Avendolo io custodito nel tempo, mi son ritrovato, da solo, a indossarlo tra selve di visierati berretti con su scritto “NY Yankees” e “Los Angeles Dodgers”. Ma sic transit gloria mundi, ma a ben pensarci non è che da noi i maschi girino ancora col Borsalino in testa e tuttora si canti “Vola Colomba Bianca Vola” (un tempo inno ufficiale dei ‘ciucatè’, extra Piemonte gli ubriaconi).
Israele un paese tra i più controllati
Ho finito, a proposito di usi, cose e genti scomparse, salvo informare sugli assai pochi avvistamenti di turisti italiani. Raramente avvenuti durante un lasso di tempo, e di posti visti, che potrebbero costituire una buona campionatura. Sarà forse soltanto una mia stolta sensazione, ma non vorrei davvero che –al momento di decidere dove andare- i miei connazionali se la facessero addosso pensando a una gita in Israele.
Perché di terrorismo non ne so molto ma ho sentito dire che i posti più a rischio sono quelli indifesi, poco controllati. Nei voli in partenza per (o da) Israele, invece, gli ovvi controlli abbondano. Alla partenza da Tel Aviv, addirittura in una sorta di siparietto, mancava quasi che mi chiedessero se avevo cugine e perché tengo per l’Inter.
Qualunque località turistica di un certo appeal, pertanto, può nascondere pericoli, ma è anche d’uopo precisare che se non viaggi (e resti come un pirla sotto un ombrellone) non vedi il mondo e quindi resti un po’ stupidino. Orsù, dunque, italici globetrotters, armatevi (beninteso di guide, block notes e macchina fotografica) e partite! (per Israele)! Terminato il doveroso preambolo, preciso che la gita in Israele (per la cui descrizione rinvio alle prossime puntate) comportò il seguente itinerario: Gerusalemme – Mar Morto – Qumram – Massada – Deserto di Giudea – Bet She’an – Nazareth – Safed – Tiberiade – Capernaum – Magdala – Acri – Haifa – Megiddo – Cesarea – Tel Aviv – Giaffa …
Shalom – Salam – Arrivederci – Dosvidania – Good Bye – Au Revoir – Hasta la Vista!
Info e curiosità su Israele
Israele:
20.918 kmq (un quinto meno dell’Emilia/Romagna)
Popolazione: 7,5 milioni di abitanti.
Capitale: Gerusalemme
Unità monetaria: Shekel (Nis, New Israel Shekel, o Sheqel, o Sciclo) 4,2 circa per un euro
Mini-mini dizionarietto: Shalom/Pace (saluto) – Shabat/Sabbath/Stare fermi (sabato) – Kibbutz/Proprietà agricola collettiva – Moshav/Kibbuz in forma cooperativa – Haganah, in ebraico: difesa/Organizzazione paramilitare prima dell’indipendenza – Palmach/Forze combattenti regolari prima dell’indipendenza – Tel/Collina – Aviv/Primavera – El Al/Verso l’alto – Talmud/Testo sacro – Torah/Istruzione, insegnamento.
Mini-mini dizionarietto gastronomico (solo per … curiosità, grafia e pronuncia, probabili): Tapuz/Arancia – Burekas/Pastasfoglia con formaggio – Falafel/Polpette di legumi speziate e fritte – Gveena/Formaggio – Hummus/Salsa di ceci e sesamo – Halan/Latte – Lehem/Pane – Agvanya/Pomodoro – Nacknick/Salsiccia – Tahina/Salsa di semi di sesamo – Beits/Uovo – Matzah/Pane azzimo.
Leggi le puntate successive: