Turisticamente parlando si chiamano località “minori” quelle città che non sono molto note a causa di una oggettiva assenza di notorietà nonché di “tante cose da vedere”, per di più, interessanti ma non eccezionali. La loro conoscenza è però utile, e quindi suggerita, al viaggiatore che vuole conoscere approfonditamente una regione, soprattutto se il contesto urbanistico e monumentale vanta particolari caratteristiche morfologiche e importanti trascorsi storici.
E’ il caso della andalusa Arcos de la Frontera, poco meno di 30.000 abitanti. E basterebbe già il toponimo per garantire un passato storico di un certo interesse trattandosi di una delle tante località i cui territori costituirono per secoli il confine tra califfati musulmani e i regni cattolici spagnoli.
Costruita su un profilato sperone di roccia (alto 185 ma dominante la pianura circostante, di poco superiore al livello del mare) la grande importanza strategica di Arcos non sfuggì ai Romani che dal 200 a.C. al 400 d.C. ne fecero un caposaldo militare della “Hispania Betica” (capitale la Cordoba di Seneca). Inoltre, quasi non bastasse una tanto valida posizione, Arcos è circondata su tre lati del Guadalete (e in un’ansa è situato una sorta di laghetto costituente un ulteriore appeal turistico estivo per la città). Già, il Guadalete, un fiume storico, se non proprio per l’Europa almeno per la Spagna: nel 711 lungo le sue rive un litigioso esercito visigoto, “barbari” succeduti ai Vandali (da cui Andalusia) a loro volta conquistatori dei Romani, fu sconfitto dagli invasori arabo-berberi guidati da Tarik (e al condottiero vincitore venne intitolata una Gebel, in arabo montagna, da cui Gebel El Tarik, la montagna di Tarik, alias Gibilterra).
Arcos diventa de la Frontera solo dopo la riconquista cattolica
Divenuta l’araba Medina (quartiere cittadino cinto da mura) Ar-Kosch, l’odierna Arcos tale restò (dapprima appartenendo al Califfato di Cordoba e poi uno dei tanti piccoli Stati indipendenti, le Taifa) fino al 1264, anno della Reconquista cattolica (e inizio della dizione de la Frontera).
Cominciano secoli di benessere per una località favorita da un’ottima posizione geografica, nel XVI e XVII secolo sorgono monumentali chiese (San Pedro e San Miguel) e conventi (in parte colpiti nel 1755 dal tragico terremoto di Lisbona) mentre la città continua a essere difesa dalle murallas arabes e dal Castillo – Alcàzar de los dunque de Arcos (per la cronaca, dal 1440, i Ponce de Leon). Meno felice il XIX secolo (con il progressivo diminuire delle ricchezze provenienti dall’America) cominciato malissimo con l’invasione (1810 – 1812) di quelle SS ante litteram che furono i soldati di Napoleone (agli ordini di un nuovo re di Spagna , Giuseppe, fratello dell’imperatore, che per l’eccessivo piacere nel tracannare fu dai suoi neo-sudditi soprannominato Josè/Pepe Botella/Bottiglia).
Ottima posizione geografica
Arcos de la Frontera è pertanto una di quelle, cosiddette, località minori che “valgono una visita”, oltretutto facilitata da una felice posizione geografica. Solo una trentina di km dividono Arcos da Jerez, pur essa “de la Frontera” – e per gli aficionados alla moto è importante sapere che il nuovo circuito, sede di in un importante GP è situato tra Arcos e Jerez – dopodiché, da Jerez sono raggiungibili, a poco più di un tiro di schioppo, Cadice, El Puerto de Santa Maria, Sanlucar de Barrameda, e di lì, in traghetto, al Coto de Doñana. E a Pentecoste, nella adiacente Almonte che bello assistere alla Romerìa/pellegrinaggio del Rocìo, un’esplosione di suoni e colori dell’Andalusia, appuntamento annuale suggerito anche ai poco credenti e ai disertori di chiese e parrocchie.
Tra le tante chicche di Arcos (oltre al panorama – ‘mozzafiato’ per usare un termine caro alle giovani croniste di turismo – godibile dalla Plaza del Cabildo, tra Parador e Castillo) va considerata pure quella di costituire punto di partenza di un affascinante itinerario dei Pueblos Blancos de Andalucia, paesi e cittadine – appollaiati su cucuzzoli di montagne, o distese su rilievi del territorio – che il sole andaluso (ad Arcos ne vantano la presenza 300 giorni all’anno) rende accecanti al rifrangersi della bianca calce onnipresente sui muri delle case. Uno dei tanti itinerari inventabili per la conoscenza dei Pueblos Blancos può essere quello (via Ubrique, shopping à gogò di artigianato del cuoio, e Cortes) da Arcos de la Frontera a Casares o poco più a sud alla altrettanto Blanca Gaucìn (bel panorama sulla costa chic mediterranea, quella del Sol, non lontana, the Rock, la possente nonché imprendibile rocca di Gibilterra).
Ristoro e riposo alla Fonda del Califa
Ho trascorso qualche piacevole giorno ad Arcos dormendo alla “Fonda del Califa” recentemente rilevata dal mio amico Jordi Solè, un catalano che (come tanti “nordisti”, massime quelli del nord Europa) ha ceduto al richiamo di un terra, l’Andalusia, che se proprio non costituisce un Eden di questo strampalato mondo, poco ci manca (clima ok, mangiare altrettanto, la vita costa poco e a volte anche meno, gente sempre allegra, suoni & luci, assenza di cosche e ndranghete: che più?).
La “Fonda del Califa” – ben ubicata in centro, esci e vivi la vita cittadina – ha la sua età (evviva! che tristezza il moderno, furoreggiante “minimalismo”, freddino e tristarello), risalendo la costruzione, voluta dal Duca di Arcos, al 1838. Col risultato che (sarà per eccessiva fantasia dello scrivente) tra le 18 camere dell’hotel quasi ti aspetti di incontrare la “Carmen” o di udire la stentorea voce del torero Escamillo. E scolpito nella rocca ecco il ristorante di Diego, superpremiato mago delle Tapas (una chicca della cucina spagnola consistente in minirazioni/assaggi di sfiziosità). Né, come ovvio, ad Arcos mancano altri locali in cui mangiare (proprio bravi e simpatici i ragazzi della Taberna Jovenes Flamencos) opportunamente convenzionati con “La Fonda” (ma quanto a costi, info e altri dettagli rinvio il cortese lettore a hotellafondaarcos.com).
Niente paura per i prezzi, dunque, nell’interno dell’Andalusia (e sulla costa atlantica) decisamente “umani”. Un esempio? A “La Fonda”, desayuno /prima colazione andaluso: cappuccino e ampia fetta di pane casareccio tostato, con strusciata di tomate/pomodoro e generoso aceite/olio (e in aggiunta Diego mi coccolava con una bella sfregatura di profumato ajo/aglio, ndr), il tutto al costo di 2 euro 2. A volte un budget non oneroso aiuta a godere viepiù un viaggio. E’ proprio il caso di questa mia bella gita andalusa ad Arcos (beninteso… de la Frontera).
Leggi le altre puntate:
1.”Tour vacanze di fine anno in Spagna”
3.”Andalusia tra Costa del Sol e Gibilterra“