Vicende palatali…
Forniti consiglio e dati per una gioiosa gita del lettore, non mi resta che narrare quel che ho combinato (sorvolando su una sfortunata visita a una stalla in cui, cadendo a terra, una boascia/cacca di mucca è esplosa come uno shrapnel leopardando i miei jeans con cupe chiazze che non van via nemmeno con la conegrina).
Seguendo passo per passo la già lodata Alessandra, puntuale esecutrice dell’educational inquadrato nel “Progetto Saveurs Campagnardes en route” (sottotitolo in italiano “Percorsi del gusto alla scoperta dei prodotti tipici del territorio”, aggiungo poi che nel programma è presente un Gal media Valle d’Aosta ma non so esattamente di cosa si tratti) la giornata è volata via tra vicende palatali.
Durante la deliziosa sosta a Nus, nella sua Azienda Agricola ‘Genuinus’ (che è parimenti Fattoria Didattica e Agriturismo) Elisa Dorrier “ci ha fatto fare da mangiare” nel senso che – come in un’orchestra uno dirige e gli altri suonano violino e tromba – la nostra ospite comandava e noi pulivamo i ravanelli e/o tagliavamo patate (io). Dopodiché si è pappato.
Un menu da leccarsi i baffi
Menu: Salatini di pasta al vino con confettura di ortiche e toma; Insalatina di patate di montagna, silene, fiori di nasturzio, fiori di senape, fiori ravanello e mele renette; Lasagne di polenta all’achillea, millefoglie con besciamelle alla melissa; Torta delicata alla limonina e menta con crema alla calendula.
Nel pomeriggio, a Gressan, ‘si è conosciuto le realtà’ (solita frase del menga usata dagli inviati della tivù generalista, ma fa fino usarla) delle (altra solita frase fatta) ‘produzioni agroalimentari del territorio’ . E nella bella (che più ‘di montagna’ non si può) Maison Gargantua (seguita poi dalla mia ‘macchiata’ visita nella stalla dell’azienda La Borettaz) si è imparato a ‘fare il formaggio’ (il Reblec, con tanto di caglio e latte scaldato a 40°). Ivo Vierin – che modestamente non ci ha detto di esserne il maggior produttore valdostano – ci ha infine omaggiato delle sue belle ma, soprattutto, buone mele (e io che – con tutta quella pressante pubblicità che fanno – credevo che le mele crescessero solo in Val di Non…).