Nella Maremma grossetana il mare pluridecorato di Castiglione della Pescaia da anni conquista i più alti riconoscimenti di Legambiente come uno dei migliori d’Italia. Forse è perché in ottobre capitano ancora giornate in cui ci si può immergere senza essere tedeschi. Vedere per credere; e la terra che bagna non è da meno. La campagna con i suoi campi opulenti, i vigneti, gli uliveti, i lunghi filari di cipressi sembrano avere sempre abitato qui. Come le riposanti, estesissime pinete; un godimento per la vista, l’odorato, l’udito. La natura della costa da Principina Mare a Punta Ala è ancora in larga misura intatta. L’area era scarsamente insediata fino a oltre la metà del secolo scorso a causa della malaria che la infestava.
Il paesaggio è quello delle bonifiche; degli scogli che si alternano alle lunghe spiagge sabbiose; delle pinete popolate da upupe, ghiandaie, gazze, picchi verdi, scoiattoli; mentre nella macchia più folta si aggirano cinghiali, volpi, tassi, faine, puzzole, istrici, civette, barbagianni, assioli. Terra di selvatica bellezza che in autunno si lascia godere con passeggiate, pedalate e gite a cavallo.
Castiglione, belvedere sul mare
Sotto il porto canale, la foce del fiume Bruna e il Padule di Castiglione, l’unica traccia dell’area palustre lasciata dal prosciugamento dell’antico lago Prile. Davanti, la sfilata delle isole: Elba, Montecristo, Giglio e le cosiddette Formiche (di Grosseto), niente più che scogli. Al borgo medievale si accede dalla possente Porta Urbica, presso la chiesa di Santa Maria del Giglio. All’interno i vicoli, le case in pietra a vista, i portali, i sottopassi, le nicchie, gli scorci, è molto pittoresco. La sera (d’estate) è animato da un viavai di visitatori alla conquista di ristoranti, osterie, botteghe che formano una località di villeggiatura di prim’ordine. Al culmine dell’antico borgo marinaro la Rocca aragonese, un castello di proprietà privata la cui torre risale all’epoca della dominazione pisana.
Costa maremmana DOC
L’arenile di sabbia fine è lungo una decina di chilometri. Va da Castiglione della Pescaia fin giù a sud-est toccando Marina di Grosseto e Principina Mare, orlato dalla Pineta del Tombolo.
Paradiso del kite-sail (oltre che del wind-surf) riempie di colori il cielo e di spettatori la costa. Stabilimenti balneari nei fine settimana d’estate sistemano dieci file di ombrelloni in fila indiana. Gli stessi si alternano a tratti più solitari come La Fiumara, dove la spiaggia libera va a braccetto, ariosa, con pochi ordinati ombrelloni e un ristorantino fronte mare.
Il mare è tra i più puliti d’Italia. Per il quinto anno consecutivo ha ottenuto la Bandiera Blu e nel 2004 le Cinque Vele di Legambiente e Touring Club Italiano. Due massimi riconoscimenti a livello europeo e nazionale per la qualità delle acque e delle spiagge, ma anche delle strutture e dell’ambiente. Eppure, non fu sempre terra di delizie questa striscia dell’alta Maremma grossetana, anzi.
Maremma “boia”. Un ricordo
Intorno alle paludi salmastre si moriva come mosche, stracciati dalla malaria, fino a quando l’illuminato governo dei Lorena, granduchi di Toscana, diede inizio alle grandi bonifiche sette-ottocentesche. Nel 1765 Leopoldo I di Lorena mise mano a questo territorio malsano e povero avviando le prime opere di prosciugamento dell’area paludosa. Poi fu Leopoldo II a portarle avanti in maniera sistematica nel 1828.
Alla fine dell’Ottocento perdurava l’abitudine alle migrazioni stagionali dalla pianura ai borghi arroccati dell’entroterra con migliori condizioni climatiche. Si dovettero attendere però gli anni Cinquanta del secolo scorso per il completo risanamento della vasta zona acquitrinosa (avviato già dagli anni Venti). Da allora la svolta di un territorio che sarebbe diventato una ricca area agricola bonificata, a partire dagli anni Sessanta diventa una destinazione turistica di primo piano.
Un’area umida d’eccezionale valore
Oggi la Riserva Naturale della Diaccia Botrona, con i suoi quasi mille e trecento ettari (incluso il Padule di Castiglione) è una delle terre umide più integre e meglio conservate d’Italia e tra le più importanti d’Europa, di notevole rilievo internazionale per il raro ecosistema che possiede. Habitat di fauna ittica ma soprattutto di circa duecentocinquanta specie di uccelli tra le quali anatre, alzavole, fischioni, cormorani ma anche aironi bianchi maggiori, fenicotteri, gru e oche selvatiche; vi nidificano inoltre il falco di palude e il tarabuso.
Vi si accede oltre il ponte Giorgini lungo la strada che costeggia il fiume Bruna dalla cosiddetta Casa Rossa, fatta costruire per il drenaggio delle acque da Leopoldo I di Lorena su progetto dell’ingegnere Leonardo Ximenes, che aveva elaborato un sofisticato sistema per la bonifica della palude. Attualmente ospita un museo multimediale per l’osservazione delle specie animali e vegetali. Oggi presso il Padule di Castiglione si va a cavallo, non d’estate però, quando massicce dosi di zanzare, fortunatamente non nocive, infestano la zona.
Dove cacciava Leopoldo II
La terrazza sulla villa è il luogo migliore per governare con gli occhi i cinquecento ettari di quella che fu la tenuta di caccia di Leopoldo II di Lorena, oggi trasformati in un resort esclusivo inaugurato da meno di un anno. La campagna coperta di vigneti e uliveti, la villa di origine ottocentesca collegata dal giardino d’inverno alla fattoria e immersa nel verde, i vecchi casali destinati a Club House del campo da golf a diciotto buche (apertura delle prime nove per fine 2005), l’antico granaio per il ristorante toscano e quello gourmand, la cantina, le piscine, il tennis, la Spa di prossima apertura.
Fiore all’occhiello dell’esclusiva residenza rurale (presso la quale si tengono corsi di cucina su richiesta) sono le arti culinarie di Alain Ducasse, chef di fama internazionale, ma anche la sua sofisticata idea di ospitalità in stile “auberge” di campagna che ha esportato in luoghi di grande impatto per la storia e le emozioni che sanno evocare. Come l’alta Maremma grossetana. Lungo la strada da Castiglione della Pescaia a Grosseto, introdotta da una sfilata di cipressi intercalati a pini marittimi, ecco, defilata, L’Andana. Nella Tenuta La Badiola che, oltre a produrre olio extravergine d’oliva, vino, frutta, verdura e piante aromatiche, indispensabili per le libere interpretazioni della cucina del territorio, offre il lusso del silenzio. E non solo.
Punta Ala, prima e dopo
Ci sono tornata cinque anni fa, dopo un’assenza durata vent’anni, a Punta Ala, col cuore in gola e un bimbo nella pancia. Sarà rimasto qualcosa di quell’incanto che era negli anni Settanta? Certo sono stati costruiti nuovi complessi residenziali, che però non bucano (quasi mai) il manto verde, ma la più grossa novità è la megastruttura del porto, investimento che non ha restituito (economicamente) il maltolto in termini di invasione di cemento su un tratto tra i più integri del litorale tirrenico. Ma a parte questo, non molto è cambiato dagli anni Sessanta quando si costruivano i primi, discreti condomini.
Il mare rimane uno spettacolo: acque trasparenti, calme e più calde che in Sardegna. Una striscia di sabbia dorata, nemmeno troppo gremita in agosto, che si snoda per una decina di chilometri dalla cinquecentesca torre Hidalgo, che dà le spalle al porto, fino alla torre Civette, la cui spiaggia, selvaggia come certe cale della Corsica, è risparmiata dalle orde turistiche per il (semplice) guado del fiume e lo scomodo tracciato sulla pietraia che la precedono. Oltre, la leggendaria Cala Violina che nessun piede di bambino dimentica per il suono che emette l’arena quando viene calpestata. Alle spalle dell’arenile, sepolte sotto i pini marittimi, le ville; alcune bellissime.
Clima eccezionale e svaghi da VIP
Di pioggia nemmeno parlarne: un microclima eccezionale per Punta Ala, che resta un luogo di solitaria bellezza. Il nome lo deve a Italo Balbo, l’aviatore che partendo nel 1930 dalla laguna di Orbetello per la trasvolata atlantica diretta in Brasile, sorvolando la località la chiamò Punta Ala perché gli apparve sotto l’ombra del suo aereo. Una località prestigiosa non solo per il porto. Qui fu varata Luna Rossa per partecipare all’edizione 2000, 2003 e ancora il prossimo anno a Valencia per la Coppa America, dove sfilano barche inavvicinabili e boutique griffate.
Prestigiosa anche per il campo da golf a diciotto buche di fama internazionale e per il bellissimo maneggio che oltre all’agostano torneo di polo ospitava ogni settembre un celebre concorso ippico internazionale, entrambi sorprendentemente sospesi. Ma anche una località acqua e sapone. Offre grandi pedalate nella vastissima pineta (percorsa più da biciclette che da automobili), passeggiate sulla spiaggia e la pratica degli sport; di vita notturna neanche l’ombra. Ecco (per chi cerca solo la natura) il bello di Punta Ala: niente folla, calma e libertà per grandi e piccoli. Scusate se è poco.