Spesso si parla di turismo responsabile. Ancora più spesso si finge di sapere di cosa si tratta, ma solo poche volte ci si rende conto che la definizione di “turismo responsabile” non è un esercizio verbale generico, ma definisce una condotta che, partendo da un’auspicabile educazione di base, implica codici di comportamento ben precisi, che sono stati oggetto di studi e di ricerche approfondite.
Sarà quindi opportuno fare chiarezza sulla terminologia che coinvolge la “responsabilità del turista”, cercando di porre in evidenza chi siano gli attori coinvolti e quali gli organismi preposti a garantire il rispetto di parametri etici e comportamentali.
Le “responsabilità” del turista
Diciamo anzitutto che “responsabile” è sinonimo di “sostenibile”, si accompagna cioè a un’attività, al godimento di un bene comune che non interferisca in modo coercitivo, negativo o deleterio sullo sviluppo di un ambiente (naturale, umano, storico, culturale, ecc.) ma che al contrario ne valorizzi gli aspetti generali, “anche” in presenza di “redditi” da produrre che non potranno non trovarsi in logica sinergia con le naturali predisposizioni e possibilità d’utilizzo.
Se per esempio pensiamo alla foresta tropicale, con la tipica bio-diversità, gli animali, le comunità indigene autoctone e le tradizioni che hanno sviluppato, il termine “sostenibile” significa soprattutto “rispetto” verso la naturalità di questo ambiente e gli organismi viventi che lo abitano. Se ci riferiamo invece a grandi agglomerati urbani, nei quali, tra i fattori positivi, allignano sacche di povertà, di prostituzione non di rado minorile, di malavita organizzata, il termine “responsabile” può voler dire fornire il proprio contributo ad iniziative che mirino a sanare una situazione “sociale” compromessa; significa adoperarsi per aiutare a cambiare in meglio tali fattori negativi. Se, infine, ci riferiamo a qualunque scampolo di terra da proteggere e preservare (parchi faunistici alpini o marini, aree protette o habitat specifici) l’aggettivo “responsabile” assume un valore ancora diverso che avrà, come logica conseguenza, la necessità di salvaguardare il più possibile i delicati equilibri esistenti. Un solo termine, quindi, che cambia a seconda delle varie situazioni alle quali viene applicato, partendo però da un denominatore comune: l’armonizzazione del flusso turistico con la complessità delle realtà locali.
Turismo responsabile: Iniziative mondiali
Parecchi “Atti Internazionali” hanno iniziato, già da alcuni anni, a parlare di “responsabilità” nel Turismo. Fra i più importanti, L’Agenda 21 dell’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite), del 14 giugno 1992; la “Carta di Lanzarote”, del 27/28 aprile 1995; la “Dichiarazione di Manila” dell’Omt (Organizzazione Mondiale del Turismo); la “Carta di Condotta Turistica” sempre dell’Omt e la “Dichiarazione di Montreal”. Ancora: il 23 novembre 1997 a Verona undici associazioni impegnate a vario titolo sul fronte del turismo, hanno sottoscritto un documento denominato “Turismo Responsabile: Carta d’Identità per Viaggi Sostenibili”, con il preciso intento di fornire indicazione su quali siano i requisiti che un “viaggio” dovrebbe possedere per essere considerato come “responsabile”. Il documento contiene notizie pratiche sulle modalità da applicare, sia per l’utente che per gli operatori turistici. La “Carta” non è, beninteso, una soluzione definitiva ed immutabile, ma uno strumento aperto, in crescita e deve essere vista come una piattaforma di concertazione, embrione di una nuova responsabilità sociale per uno dei settori (quello del turismo) fra i più “spensierati” e più difficili da regolamentare, nel quadro delle differenti economie. L’intento finale è quello di contribuire a sviluppare un’attenzione sempre più marcata verso i problemi che coinvolgono i turisti, l’industria che si occupa di loro (una delle più importanti del mondo) le comunità ospitanti, con particolare riferimento ai Paesi in via di sviluppo.
La “Carta” del Turismo Responsabile
La “Carta” si divide in “pilastri tematici”, vale a dire il “viaggio” esaminato nelle sue varie fasi: prima, durante e dopo. Come tutte le “Dichiarazioni” che includono problematiche etico-sociali, la “Carta” ha un suo garante, cioè un’istituzione cui compete la responsabilità morale di seguirne la corretta applicazione, fornendo nel contempo le interpretazioni più aggiornate e favorendone la divulgazione.
Si tratta dell’Airt, Associazione Italiana Turismo Responsabile, una realtà in crescita, soprattutto grazie al preponderante messaggio sociale che intende divulgare.
L’Airt è stata costituita a Milano nel 1998 da parte di ventitré Associazioni e Operatori del settore del turismo, della cooperazione e della solidarietà sociale ed è diretta al momento dal Dr. Maurizio Davolio
La struttura ha sede presso la Ancst (Asociazione Nazionale Cooperativa Servizi e Turismo) con sede in Viale Aldo Moro 15, 40127 Bologna (tel. 051 509705, fax 051 509805) dove è attiva grazie all’azione di volontari e collaboratori. Attualmente conta su ventisei associazioni partecipanti e su un vasto numero di iscritti privati. Organizza incontri divulgativi tematici sui contenuti della Carta del “viaggio responsabile”.
Turismo responsabile, nuove visioni
L’associazione è formata da organismi non profit (associazioni, Ong, cooperative, ecc.) che presentano domanda scritta di partecipazione e allegano una relazione sulle attività.
La domanda viene esaminata, approvata o respinta dal Consiglio Direttivo di Aitr; tra gli organismi attivi nel turismo, ammissibili sono coloro per i quali la maggior parte delle attività seguono i requisiti di sostenibilità o di compatibilità con i criteri di etica sociale, così come specificato dalla “Carta”.I punti fondamentali di quest’ultima partono da osservazioni spesso dimenticate o sottovalutate: il turismo, ben lungi dall’essere un fenomeno secondario, rappresenta invece la prima attività economica del pianeta.Diviene quindi necessario “rispettare” l’identità culturale dei Paesi visitati, “ridurre” al minimo i danni derivanti dal turismo di massa, “adattandosi” ai costumi di vita locali, per “favorire”, in buona sostanza, un processo di cooperazione e di partenariato continuo.
I tempi del turismo “mordi e fuggi” verranno sempre più sostituiti da atteggiamenti costruttivi di conoscenza e quindi di reciproco arricchimento; così come i gemellaggi a scopo turistico-culturale fra realtà del nord e del sud del mondo verranno rimpiazzati da nuovi rapporti di “processo evolutivo”.Questo cambiamento radicale di prospettiva, da “progetto” (semplice raggiungimento di un obiettivo) a “processo” (istituzionalizzazione di una serie di attività in comune) è una importantissima conquista culturale e operativa che darà spazio al desiderio di collaborare in modo paritetico, non escludendo la solidarietà.
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